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Per noi è importante condividere i nostri lavori , rendere consapevole il genitore di cosa si compone e come si struttura la terapia, quali sono gli obiettivi, le modalità che vengono utilizzate durante una seduta riabilitativa..

Il mezzo di lavoro più importante per ogni terapista è il GIOCO

è proprio attraverso il gioco che si permette al bambino di sperimentarsi nella dimensione più confortevole e piacevole che conosce . 

Il gioco come strumento riabilitativo ha la finalità di supportare i processi evolutivi di ogni bambino, costituisce infatti uno strumento di intervento privilegiato per l'approccio terapeutico , è attraverso il gioco che il bambino esercita il linguaggio, apprende schemi di azione e comportamento e tutti i processi che li sottendono. 

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Bambini e gioco: lo sviluppo cognitivo
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Il gioco evolve con il progredire dell’età dei bambini andando in parallelo, non solo con lo sviluppo affettivo, ma anche con quello cognitivo, come ha evidenziato Jean Piaget. Se, infatti, fino ai 2 anni i bambini si limitano a semplici “giochi di esercizio” (ripetizione di schemi di comportamento motori o vocali osservati negli adulti), dai 3 ai 7-8 anni sviluppano con i “giochi simbolici” la capacità di rappresentare, mediante gesti o schemi appresi, una realtà immaginaria per compensare le frustrazioni, sdrammatizzare eventi turbativi, anticipare e assimilare situazioni nuove e controllare l’aggressività. E’ infine dopo i 7-8 anni che i bambini accedono ai giochi di movimento in cui imparano a condividere e a rispettare determinate regole per la socializzazione fra pari.
 
Bambini e gioco: la psicoterapia infantile
Il gioco, per la sua valenza di mediatore fra realtà esterna e realtà interna, costituisce un mezzo terapeutico privilegiato con i bambini i quali, pur con differenze legate all’età, non hanno le competenze degli adulti nel riconoscere ed esprimere i propri stati d’animo né per dare un corretto significato agli eventi; la dimensione del gioco, mediante l’utilizzo fantastico di oggetti reali, ben si presta allora a rappresentare i vissuti dei bambini, a renderli “visibili” e quindi condividibili.
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